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Open Project: tra manifattura di progettazione e innovazione di alto livello

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Open Project è uno studio di progettazione in cui il benessere dei luoghi e dell'uomo viene messo al centro. Attraverso i suoi progetti, infatti, il team di Open Project traccia linee di connessione tra ambienti ed esseri umani. Così concepiti, gli spazi diventano luoghi di scambio, esperienza e conoscenza. Se da un lato la rete creativa dello studio guarda al futuro, dall'altro la rigenerazione di ciò che già esiste è un tema altrettanto importante. Se queste due premesse possono sembrare contraddittorie, in realtà sono le due facce di una stessa medaglia, quella di un'innovazione che non dimentica la propria eredità culturale. Ne abbiamo parlato con Maurizio Piolanti e Francesco Conserva, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di Open Project.

Qual è la storia del Open project? Quali sono le parole chiave che la definiscono? 

Open Project è una società di architettura e ingegneria fondata negli anni Ottanta del secolo scorso che, da allora, non ha mai smesso di evolversi. Oggi lo studio condensa il suo approccio nel payoff: "we imagine, we design, we create". Questa breve frase rappresenta e riassume il nostro lavoro. Infatti, il punto di partenza dei nostri progetti è il concetto - "we imagine" - seguito dalla parte di sviluppo e progettazione - "we design" - e completato dalla fase di costruzione fino alla realizzazione dell'opera - "we create". 

Questo approccio ci rappresenta in termini di metodo. Infatti, come studio, siamo organizzati su questi tre macro settori: un segmento architettonico che sviluppa il concept e la fattibilità dei progetti, un segmento di sviluppo tecnico e un settore esecutivo che si occupa della direzione dei lavori in cantiere.

Quale narrazione rappresentano i vostri progetti? 

Il nostro modo di fare architettura riflette una visione corale. Infatti, Open Project non è uno studio autoriale caratterizzato da un'unica specifica impronta. Negli anni abbiamo strutturato un metodo di lavoro che permette a tutti di esprimere la propria creatività. I nostri valori sono interconnessi con le tematiche attuali, rispetto alle quali siamo stati precursori in molti aspetti. Siamo stati infatti tra i primi ad applicare la tecnologia BIM in architettura e a certificare in termini di sostenibilità progetti fondamentali come quello della torre Unipol di Bologna. Quest'ultima, in particolare, è certificata LEED da dieci anni. 

La nostra attenzione ai temi della sostenibilità fa parte di un approccio olistico e globale. Puntiamo a creare progetti in cui gli aspetti funzionali e di budget siano integrati con i temi della sostenibilità e dell'alta tecnologia. In questo possiamo definirci artigiani. La dimensione del nostro studio - circa cinquanta persone - ci permette di mantenere una supervisione globale dall'inizio alla fine dei progetti, di dare risposte in tempi brevi e di avere un risultato davvero personalizzato.

Quali sono gli aspetti da preservare rispetto al tema della rigenerazione delle aree urbane? 

Sul tema della rigenerazione urbana, vorrei citare come esempio due spazi urbani su cui abbiamo lavorato di recente. Per il Comune di Modena abbiamo progettato un parco pubblico in un'area periferica della città che aveva bisogno di una nuova identità. Abbiamo lavorato insieme a un esperto agronomo e ad un architetto del paesaggio affinché il parco potesse ricoprire diverse funzioni, a partire dall'accoglienza multigenerazionale. Inoltre, volevamo che fosse uno spazio di valore e funzionale durante tutti i mesi dell'anno. 

Diversamente, per il Comune di San Lazzaro abbiamo progettato la piazza principale, che è stata da noi completamente rivista sulla base di un concetto di apertura. Volevamo che la piazza "respirasse". Il progetto, infatti, si chiama Respiro e ha come obiettivo l'eliminazione di quegli elementi antropomorfi che nel tempo avevano sigillato la piazza. Abbiamo così dato al luogo un nuovo aspetto urbano attraverso l'uso di materiali che permettono all'acqua di penetrare all'interno del suolo. Creare spazi adatti ai cambiamenti climatici e incentrati sulla vivibilità delle persone è, in ultima analisi, uno dei nostri scopi principali. L'esito del nostro lavoro non è mai fine a se stesso, ma piuttosto un luogo in cui le persone possano vivere secondo le loro specifiche esigenze.

Attualmente ci stiamo occupando di una serie di riqualificazioni di aree non più utilizzate dove, quando possibile, cerchiamo di valorizzare il patrimonio esistente. I temi della sostenibilità ci portano inevitabilmente alla ricerca e al riutilizzo delle aree edificate. La ricerca che stiamo conducendo in questo campo ci ha mostrato quanto sia importante l'impronta di carbonio degli edifici e quanto risparmio e benefici porti il recupero degli edifici in questo senso.

Chi sono i maestri a cui più vi ispirate? 

L'ispirazione viene principalmente da una scuola bolognese che ha sempre avuto una particolare attenzione ai temi della rigenerazione. Parlo delle esperienze che sono state condotte a Bologna a partire dagli anni Settanta del secolo scorso dall'urbanista Pier Luigi Cervellati e da alcuni suoi colleghi, che vedevano nella rigenerazione una possibilità di conservazione e valorizzazione del centro storico della città. Questi studi oggi devono essere interpretati secondo approcci più contemporanei che favoriscono la collaborazione transdisciplinare tra diversi attori. 

Quando si progetta un'opera di rigenerazione, questa si estende dall'edificio stesso alle componenti energetiche e sismiche, fino ai territori. Un luogo è concretamente rigenerato solo se è in grado di interpretare e rendere concrete le esigenze presenti e, eventualmente, quelle future. Nel nostro lavoro, infatti, cerchiamo di comunicare ai nostri clienti necessità che allo stato attuale possono non essere manifeste, ma che potrebbero esserlo nel prossimo futuro. Questo comporta anche la proposta di progetti che siano all'avanguardia rispetto alle problematiche attuali, in modo che siano contemporanei al momento della realizzazione.

Oggi tecnologia e innovazione procedono a un ritmo così veloce che non c'è tempo di realizzare un progetto che è già sostanzialmente obsoleto. Cerchiamo quindi di andare contro questa obsolescenza, puntando non tanto sulla tecnologia quanto sulle idee. In questo percorso stiamo collaborando con artisti per avere un quadro sempre più completo delle esigenze e dei diversi contributi che ognuno può portare nel mondo del design.

Quali caratteristiche dovrebbe avere l'architettura del futuro per essere veramente sostenibile? 

Oggi parlare di certificazioni LEED o BREEAM nella comunità immobiliare è lo standard. Ciò che resta ancora da fare è includere e approfondire le questioni relative alle emissioni di CO2 durante la costruzione e il funzionamento degli edifici e al loro peso sull'ambiente. È quindi necessario fare un ulteriore passo avanti, andando a valutare gli effetti in modo più ampio. Soprattutto, è necessario trovare mitigazioni e compensazioni che cerchino di rendere l'impatto dell'industria immobiliare il più neutro possibile. Questo non si è ancora verificato e molto lavoro dovrà essere fatto nei prossimi anni.

Qual è il vostro punto di vista sugli ultimi sviluppi dell'industria alberghiera, sempre più caratterizzata dall'offerta di un'esperienza "ibrida"?

I temi legati all'ibridazione dello spazio e alla concezione degli hotel non come luoghi di passaggio ma come luoghi in cui vivere per un certo periodo sono alla base di alcuni dei nostri ultimi progetti. Tra questi, The Student Hotel ci ha permesso di accedere a un certo grado di esperienza e di riflettere sui nuovi confini tra alloggi per studenti e spazio alberghiero. Infatti, non esiste più una chiara classificazione di visione tra i due. Rispetto alle case tradizionali, i corridoi sono concepiti per conferire allo spazio determinate caratteristiche di fluidità e dinamismo. Lo Student Hotel di Bologna è aperto da quattro anni e ci dà la conferma che questo concetto funziona. Il piano terra dell'edificio è diventato un interessante crocevia dove si incontrano e si mescolano non solo generazioni diverse, ma anche tipologie di persone diverse. Da questi incontri possono nascere anche nuove idee creative.

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